Descrizione Progetto

LA REAL MAESTRANZA

La Processione

L’origine di questa processione, che si svolge nella mattina del Mercoledì santo, è molto antica e si può far risalire alla istituzione delle milizie urbane da parte del Vicerè di Sicilia Juan de Vega, nel 1551. Sino a quel momento la sorveglianza del territorio e la difesa dal “pericolo turco” era stata affidata esclusivamente alle truppe spagnole di stanza in Sicilia. Ma la necessità di inviare uomini e mezzi economici in America latina per la grande operazione di conquista, spinsero il governo spagnolo a formare un nuovo esercito: gli stessi siciliani, che continuavano a risiedere stabilmente sul territorio e a svolgere le proprie attività lavorative, a proprie spese si dovevano dotare di un’armatura, più o meno pesante e costosa a seconda delle facultà di ciascuno. A Caltanissetta, come in molte altre città siciliane la classe di cittadini che meglio rispondeva a questa esigenza era il ceto artigianale che a quel tempo era regolato in corporazioni d’arte secondo precise norme statutarie e che aveva al proprio interno una organizzazione. Naturalmente gli artigiani non avevano esperienza militare, ma in caso di invasione avrebbero combattuto con le unghie e con i denti per difendere le proprie case e le proprie famiglie. Vennero per questo istruiti da sergenti spagnoli e il comando era affidato ad un capitano d’arme scelto direttamente dal Vicerè e che aveva l’obbligo periodicamente di fare la “mustra” cioè fare una esercitazione militare per controllare e mantenere l’efficienza della milizia. Gli artigiani, le maestranze di Caltanissetta, furono destinati a formare la fanteria, chiamata la “milizia di pedi”, divisi in piccheri ed archibugieri secondo l’armatura che portavano. Lo schieramento era preceduto dal capitano d’arme, da un sottufficiale, un tamburino chiamato “il tamburo di la milizia di pedi”, e dalla bandiera della città. Nonostante che ripetutamente dalla Spagna arrivassero lettere di allarme, la milizia nissena non ebbero mai scontri con “l’inimico turco”, e nel corso de1600 a poco a poco assunse sempre più la funzione di picchetto d’onore: ad esempio venne schierata nel 1643 armata di tutto punto con tamburo, bifari, cioè pifferi, e bandiera, per “fari la salve” durante la visita del Vicerè.

Questa funzione di picchetto d’onore veniva svolta anche durante le principali processioni religiose: è testimoniata infatti la presenza della “maestranza in armi” nella processione in onore del Patrono San Michele Arcangelo sin dalla prima metà del Seicento.

Questo corpo militare aveva un ruolo tutto particolare in occasione delle Quarantore, quaranta ore di adorazione eucaristica che si svolgevano tra la Domenica delle Palme e il Mercoledì Santo. Alla fine del periodo di adorazione il parroco usciva dalla Chiesa Madre con il Santissimo e benediceva la folla presente sulla piazza, mentre gli archibugieri della Maestranza sparavano a salve. Negli anni successivi si venne consolidando la tradizione sino ad assumere le forme che oggi conosciamo. Nella seconda metà del 700, la Processione aveva esattamente le stesse caratteristiche che oggi conosciamo, con la sola differenza che gli artigiani marciavano armati. Nel 1806 Ferdinando di Borbone che qualche anno dopo avrebbe preso il titolo di I Re delle Due Sicilie, in visita alla città, vide sfilare la Maestranza e le attribuì il titolo di “Real Maestranza”.

Nel 1848 però i militi della Real Maestranza partecipano ai moti rivoluzionari contro i Borboni. Nella ventata reazionaria che seguì la fine dei moti carbonari, fu proibito l’uso delle armi, sostituite in processione dai ceri, e vennero confiscate le Bandiere di guerra, sostituite con bandiere bianche con immagine del santo protettore.

In quella occasione la Maestranza perse la sua connotazione di organizzazione militare, per somigliare sempre di più ad una confraternita religiosa.
La processione moderna

I maestri d’arte non avevano una divisa militare e quando si recavano a fare il picchetto d’onore per una processione o per una visita importante indossavano i loro abiti buoni della domenica, spesso lo stesso vestito scuro che avevano indossato il giorno del loro matrimonio. Per questo motivo oggi tutti i componenti della maestranza indossano lo smoking nero. La processione è caratterizzata da momenti diversi. In un primo momento il capitano riceve dal sindaco le chiavi della città. È un gesto simbolico, introdotto alla fine del secolo scorso per ricordare il potere che il capitano godeva nei secoli passati. Poi tutti gli uomini della maestranza si recano presso l’atrio dell’ex collegio dei gesuiti, oggi Biblioteca Scarabelli, dove il capitano prende in consegna un Crocifisso velato di nero e con esso si avvia in forma solenne verso la Cattedrale, seguito dalle dieci corporazioni in schieramento militare.

Tutti gli uomini hanno guanti, calze e cravattini neri; le bandiere sono abbrunate e sono chinate verso terra; i ceri sono adorni di nastri neri; i tamburi segnano il passo. La processione ha un carattere fortemente penitenziale. Giunti all’interno della Cattedrale tutti i segni di lutto vengono tolti, svelato il Crocifisso, cambiati i cravattini e i guanti, sciolte le bandiere e tolti tutti i nastri neri. Il Capitano si cambia anche le calze al ginocchio e indossa le calze bianche.

A mezzogiorno dalla Cattedrale esce la nuova processione: il vescovo porta l’ostensorio con il Santissimo Sacramento, tutte le bandiere sventolano alte e le campane suonano a stormo. È l’annunzio della Pasqua vicina.

Prof.ssa Rosanna Zaffuto Rovello

Il Capitano

Mentre nei primi secoli il capitano era un militare di carriera, spesso forestiero, già a metà settecento il capitano della maestranza era eletto all’interno delle corporazioni artigiane.

La carica di capitano era – ed è tuttora – una carica di grande prestigio all’interno della città: per diversi secoli il Capitano ebbe il privilegio della Grazia Pasquale, cioè poteva liberare dal carcere un condannato a pene minori. Ogni anno esso viene scelto – secondo un turno preciso delle dieci categorie di artigiani – tra i maestri d’arte, che godano di stima da un punto di vista professionale e umano.

L’abito del capitano si distingue da quello degli altri artigiani della maestranza: indossa la marsina, i pantaloni a ginocchio, la feluca e può portare lo spadino. È un abbigliamento settecentesco che si tramanda con poche varianti da un capitano all’altro. Durante la Settimana Santa di Caltanissetta, il capitano detiene le chiavi della città, riceve la visita delle maggiori autorità civili e religiose e si reca a visitare gli ammalati in ospedale e i detenuti del carcere, occupa un posto d’onore in tutte le processioni. È una figura simbolica che rappresenta la popolazione attiva della città, di cui viene riconosciuto il ruolo trainante nell’economia e nella società.

Affianca il capitano uno scudiero che regge lo scudo con l’insegna della real maestranza, un alfiere maggiore, che porta uno stendardo con tutti i simboli delle dieci categorie, un alabardiere che porta una alabarda, ricordo dell’antico armamento della milizia.

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